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mercoledì 29 gennaio 2014

Ecco cosa stabilisce il decreto Imu-Bankitalia

Il decreto Imu-Bankitalia cosa nasconde realmente? L'abolizione della seconda rata dell'Imu viene santificata dai media come una manna dal cielo per il contribuente strozzato dalle tasse.

In realtà sbirciando un po' meglio nel decreto si legge all'art. 2 il rilascio dell'autorizzazione alla Banca d'Italia per l'aumento di capitale (da 156 mila euro a 7,5 miliardi di euro). Un aumento impressionante consentito dalle riserve che la Banca d'Italia ha accantonato negli anni.

Occorre specificare che queste riserve sono, di fatto, denari pubblici, soldi degli italiani che dovrebbero essere usati per far fronte a situazioni di difficoltà, ad emergenze sociali o per consentire delle scialuppe di salvataggio qualora la crisi mordesse ancora più fortemente il nostro paese.

Poiché i soci di Banca d'Italia sono banche private, l'aumento di capitale andrà a beneficio di esse (le banche), che potranno vendere la loro quota rivalutata oppure potranno semplicemente incassarne gli utili (anch'essi enormemente rivalutati).

L'abolizione della seconda rata Imu fa sorgere il dubbio che venga utilizzata come slogan televisivo e mediatico per nascondere una vero e proprio regalo alle banche private.

Il decreto è stato blindato, in quanto il governo ha utilizzato lo strumento della fiducia per evitare ostruzionismi o emendamenti. Il Movimento Cinque Stelle ha cercato di battagliare in aula impedendo le votazioni nel corso della fiducia ed esibendo cartelli contro la svendita di Banca d'Italia. 


"I venduti del governo al soldo del potere finanziario bocciano l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia per ribadire che l’oro della Banca d’Italia (100 miliardi) è di proprietà del popolo italiano – insiste su facebook Giorgia Meloni – Questi corrotti in cambio di qualche marchetta, finanziamento, consulenza o bustarella sotto banco consegnano le riserve auree dell’Italia alle lobby delle quali fanno parte”.

giovedì 2 gennaio 2014

Cosa succede alla Bip Mobile?

L'eco shop 02 gennaio 2014 

È una storia di accuse reciproche e di complesse questioni legali da dirimere quella che riguarda oltre 200mila clienti Bip Mobile, trovatisi improvvisamente senza più poter chiamare o mandare SMS a ridosso del Capodanno. Coinvolte ci sono la stessa Bip Mobile, Tre che è l'operatore sulla cui rete si appoggia il servizio Bip, e Telogic: quest'ultima è un MVNE, ovvero un "enabler" a cui si appoggiano parecchi MVNO (Mobile Virtual Network Operator) per far funzionare le proprie SIM senza dover realizzare per intero l'infrastruttura tecnologica. La sofferenza finanziaria di Telogic ha dato il via a un effetto domino, che è culminato nel blackout Bip di fine 2013. Una storia che non ha ancora un finale, e soprattutto per ora non ha neppure un responsabile chiaro.

il comunicato bip mobile


Le radici della vicenda vanno cercate prima dell'estate: è allora che in sede AGCOM si inizia a discutere della complessa situazione economica di Telogic, che lamenta il mancato pagamento del servizio da parte di alcuni suoi clienti (tra cui la stessa Bip Mobile) che starebbe condizionando a sua volta il saldo delle fatture emesse da Tre. In periodo di crisi è una situazione piuttosto comune: se si blocca il flusso di liquidi in entrata diventa difficile riuscire a soddisfare tutti i propri fornitori, e così l'Authority aveva provato a sentire le parti coinvolte per cercare di arrivare a un accordo che garantisse soprattutto i clienti, ignari del complesso castello tecnico costruito per garantire il funzionamento del loro cellulare.

Telogic di fatto fornisce a parecchi MVNO gli strumenti necessari a erogare il servizio: il ruolo dell'enabler, definito e riconosciuto dalla stessa AGCOM, è quello di interfacciarsi con l'infrastruttura del MNO (Mobile Network Operator, in questo caso Tre) e fornire ai suoi clienti l'accesso a chiamate dati, SMS, collegamento Internet ed eventualmente altri pezzi del puzzle (ad esempio il billing). A complicare ulteriormente la questione c'è il fatto che le SIM e le numerazioni abbinate sono invece emesse e siano gestite direttamente dall'operatore: quest'ultimo le fornisce agli MVNO secondo precisi accordi, realizzando quindi un canale parallelo al primo. In definitiva, in questo caso per tenere in piedi il servizio occorre sia fare affari con l'enabler (nella pratica un intermediario) che con l'operatore titolare.



Nonostante la delibera AGCOM intimasse ai soggetti coinvolti di provvedere a garantire il servizio ai clienti almeno fino al 31 gennaio 2014, e di avvisarli con largo anticipo in caso di distacco imminente (un annuncio in tal senso andava fatto 30 giorni prima), quanto accaduto pare sia esattamente l'opposto: i titolari di un'utenza Bip si sono ritrovati da un momento all'altro sconnessi dalla rete, inizialmente senza riuscire a comprendere il perché. In seguito è stata la stessa Telogic a spiegare, tramite comunicato stampa, che a causa della morosità di Bip Mobile si è vista costretta a chiudere i rubinetti: la dinamica è stata confermata da Bip stessa, con uno stringato comunicato sulla propria homepage dove inoltre rassicura di stare provvedendo a ripristinare il servizio rivolgendosi ad altri fornitori. Non più tardi di due settimane fa, Bip Mobile era già intervenuta ufficialmente per smentire qualsiasi voce di chiusura imminente.

A questo punto finiscono le certezze. Non si sa esattamente quando Bip riavvierà la fornitura del servizio ai propri clienti. Non si sa se al momento sia comunque possibile procedere alla portabilità del proprio numero verso un altro operatore e con che tempi: il fatto che le SIM siano emesse e le numerazioni gestite da Tre dovrebbe fornire qualche rassicurazione in tal senso, ma non è chiaro quale sia lo status quo (anche in caso di fallimento, comunque, credito e numero dovrebbero essere salvaguardati). Non si sa quale sia il motivo che ha causato questa presunta ingente morosità di Bip nei confronti di Telogic. Non si sa se la mossa di Telogic di staccare la spina sia o meno rispettosa delle regole e della decisione di AGCOM: la mancata comunicazione in anticipo della cessazione potrebbe costare cara alle aziende coinvolte, anche se al momento non è chiaro a chi sarebbe spettato dare pubblica notizia di quanto stava per succedere, né è possibile stabilire ora quale tipo di comunicazioni siano intercorse tra Telogic e Bip Mobile prima del distacco.

Inutile dire che le reazioni online a quanto successo non sono state benevole nei confronti dei soggetti coinvolti. Su Facebook è stato creato un gruppo di discussione pubblico nel quale i clienti Bip si stanno fornendo reciprocamente le informazioni ottenute nei singoli punti vendita, per tentare di raccapezzarsi nella questione: qualcuno parla di ricorsi al Corecom regionale, ma realisticamente è ancora troppo presto per prendere decisioni di questo tipo. A parte la scarna comunicazione sul proprio sito, per ora Bip Mobile non ha fornito ulteriori dettagli su quali siano i suoi prossimi passi per tentare di ripristinare il servizio. Telogic resta per ora sulle proprie posizioni. AGCOM avrà senz'altro qualcosa da ridire sull'intera faccenda, di cui per ora fanno le spese innanzi tutto gli utenti messi al centro di una diatriba tra aziende.